Introduzione
Nepeta deriva dal latino Nèpa, un pericoloso scorpione d’acqua il cui morso velenoso veniva guarito, appunto, dal genere di pianta Nepeta; in effetti, come scrive Dioscoride: “Bevuta, overo impiastrata soccorre à i morsi delle velenose serpi”. Si tratta, questa, della specie “cataria”: nome dall’origine greca, “katta”, vale a dire, gatta; da qui il nome di riferimento “erba gatta” con cui si usa chiamare e riconoscere questa specie. Secondo Plinio il vecchio il nome del genere deriva invece da “Nepet”, città dell’antica Etruria, oggi Nepi in provincia di Viterbo; l’etimologia di questo nome si riconduce però alla parola etrusca “Nepa”, che significa soltanto acqua.
Descrizione botanica
La Nepeta è una Pianta erbacea perenne con un’altezza che va dai 35 -50 cm fino a 200 cm ed emana un odore che ricorda vagamente la menta o la melissa; ha inoltre delle radici che sono tuberose ed è munita di rizomi.
Il fusto, robusto, eretto e tetragono, è ricoperto di peli sparsi e patenti, talvolta uncinati, e si presenta ramoso e arrossato nella parte abassiale.
Le foglie hanno una lamina di forma triangolare e ovata, con margine dentato e crenato, nonché la base cordata. Esse sono picciolate ed opposte: quelle inferiori posseggono un picciolo lungo circa 1 a 3,5 cm che diventa più corto in quelle centrali e superiori; la pagina superiore è quella più lucida e di colore verde chiaro e quasi glabra, mentre quella inferiore è grigiastra per la presenza di pubescenza feltrosa.
L’infiorescenza ramosa forma dei verticillastri peduncolati: essa possiede piccoli fiori ermafroditi caratterizzati dal calice zigomorfo di 5 – 8 mm verde-violetto ricoperto di peluria grigia, con 5 denti sub-uguali più corti del tubo e solcati da 15 nervi rilevati, dalla corolla bianchiccia o lilla pallido con un labbro superiore a 2 lobi e quello inferiore a 3 lobi, con macule lillacine e ricoperta di fitta peluria patente.
Il seme è una nucula castana, liscia, coperta di corti peli all’apice, e fiorisce tra Giugno ed Agosto; l’habitat consiste principalmente in terreni incolti, nei margini dei sentieri, tra le macerie o su vecchi muri, in terreni ben drenati ad una altitudine che varia da 0 a 1200 m slm.
Le varietà
Il genere Nepeta appartiene alla famiglia delle Lamiaceae e comprende un gran numero di piante selvatiche ricche di oli essenziali distribuite in Europa, Asia, Nord America e tra le montagne dell’Africa tropicale. Attualmente si conta che al genere appartengono circa 300 specie, di cui 67 sono endemiche dell’Iran; inoltre, è uno dei più grandi generi della sottofamiglia Nepetoideae, tribù Mentheae, a cui appartengono principalmente piante erbacee perenni.
Se anticamente fu la Calamintha nepeta a venire adoperata al posto della nepeta Cataria (e così si spiega la confusione che talvolta ne consegue), oggi è in particolare la N. cataria var. citridora che viene utilizzata invece per adulterare la melissa, in quanto odore e forma delle foglie risultano tanto più sovrapponibili; e questo anche a un occhio non tanto esperiente.
Molti caratteri morfologici del genere Nepeta sono variabili: alcuni di questi, come ad esempio quelli relativi alla peluria, alla forma del calice, nonché alla forma e alle dimensioni delle foglie, possono a loro volta variare da specie a specie: la variabilità della foglia, ad esempio, è talmente elevata che muta anche all’interno di una singola specie. È chiaro, pertanto, che l’uso diagnostico di tali elementi distintivi si dimostra alquanto problematico.
Se d’altra parte poteva sembrare che le nucule rappresentassero invece caratteristiche attendibili per il riconoscimento delle specie, sta di fatto che fu successivamente scoperto che alcune condividono lo stesso tipo di nucula; per cui la loro utilità, per una classificazione infragenerica in cui si tiene conto anche delle nucule, è stata anch’essa poco chiara. Al contrario, l’ornamentazione dello strato più esterno dello sporoderma (o tectum, parete che protegge il granulo pollinico) non è stato invece utilizzato, ma di fatto sembra avere un potenziale valore nella classificazione infragenerica di molte piante: questa tecnica è relativamente recente ma già mostra anch’essa qualche perplessità tra i botanici.
Non a caso, le classificazioni infrageneriche precedenti sulla base di tali caratteristiche inaffidabili sono entrate in conflitto; basti confrontare, in tal senso, alcune monografie: Bentham del 1848, Briquet del 1896, Budantsev del 1993; e alcune flore regionali: Boissier del 1879; Poyarkova del 1954; Rechinger del 1982. Bentham, ad esempio, colloca le 109 specie della Nepeta in 8 sezioni e 5 sottosezioni, mentre Briquet ha riconosciuto 150 specie di Nepeta, dividendole in 2 sezioni e 15 sottosezioni. Inoltre, Mattioli rimprovera (nel suo Dioscoride) Brasavola ed i frati commentatori di Mesue di aver confuso l’erba gatta con la calaminta (Calamintha nepeta); l’erba gatta infatti ha frondi simili a quelle della melissa o dell’ortica (“foglie di melissa, ouero d’ortica: ma minori e bianchicce”). Si tratta di una similitudine presa in considerazione anche da Castore Durante, il quale riconosce una somiglianza alla melissa anche nell’odore. La calaminta (Calamento per Mattioli) rassomiglia invece più al pulegio, usato come spezia proprio come il calamento, sia nell’odore sia nel sapore; tanto che viene chiamato pure pulegio selvatico (proprio come scrisse Dioscoride).
Usi tradizionali
Se in Iran le foglie fresche o secche e i fiori vengono utilizzati per le salse, le zuppe e i formaggi, nella medicina popolare questa pianta è stata invece usata come antispasmodico, carminativo, stimolante e tonico; oltre a questo, l’infuso delle foglie è noto come sedativo e soporifero ed è anche adoperato per disturbi gastrointestinali e respiratori come coliche, diarrea, tosse, asma e bronchite. È stato dimostrato che molte proprietà mediche del genere Nepeta sono da attribuire alle peculiari caratteristiche del suo olio essenziale e per la presenza di flavonoidi e terpenoidi.
L’erba gatta, o gattaria, viene delineata nel Dioscoride di Mattioli per “tutti i morbi frigidi del capo, del petto, dello stomacho e della matrice, e caccia fuor del corpo le ventosità;… giova ella a coloro, che patiscono lungo dolore di testa, a i vertiginosi, alli stupidi, a i sonnolenti, a i paralitici, alli spasimati, … a gli asmatici, … Scalda lo stomaco e vi guarisce il dolore provocato dalle ventosità… provoca i mestrui…usandosi spesso fa diventare fruttifere le donne sterili”. Fu inoltre usata come sedativo, depurativo del sangue, espettorante, antisettico e antielmintico, spasmolitico, ansiolitico, così come per la sua spiccata attività repellente. In Nord America è stata utilizzata per lungo tempo nella medicina popolare come infuso grazie all’azione antispasmodica, espettorante, diuretica, antisettica, febbrifuga, antitosse e antiasmatica.
La caratteristica per cui questa pianta si ricorda maggiormente è da ricondurre al suo uso primordiale legato ai gatti: il comportamento di questi (gatti selvatici e domestici, ma anche di altri mammiferi) risulta alterato in concomitanza con l’uso di essa, notando nello specifico una spiccata produzione di sensazioni piacevoli. Uno studio datato ha riportato lo stesso effetto negli esseri umani: le foglie essiccate o l’estratto producevano sintomi simili a quelli della marijuana e del’LSD (Jackson e Reed, 1969).
Composizione e usi
La nepeta è una pianta ricca di flavonoidi (luteolina, apigenina, salvigenina e loro glicosidi), terpenoidi (acido ursolico, citrale, nerolo, geraniolo) ed acido caffeico. È l’olio essenziale ad essere molto utilizzato come antisettico, insetticida, antiossidante, antimicotico e anche per le sue proprietà pseudo-narcotiche.
Le prime indagini fitochimiche sulla specie Nepeta risalgono al 1955. Da allora molteplici sono i tipi di componenti chimici riportati all’interno del genere, come ad esempio: derivati monoterpeni, sesquiterpeni, diterpeni, triterpeni, flavonoidi, composti fenolici, oli essenziali. Fino al 2010, circa 193 composti sono stati identificati nelle specie Nepeta: tra i terpenoidi sono i monoterpeni iridoidi i più frequenti. Il nepetalattone ne figura spesso come costituente principale: è un monoterpene ciclopentanoide con due anelli fusi, un ciclopentano e un lattone; esistono otto stereoisomeri di cui quattro diastereoisomeri e i loro corrispondenti enantiomeri. La composizione potrebbe essere influenzata dalle fasi fenologiche e dalla regione geografica, ma sono stati identificati isomeri del nepetalattone come principali costituenti dell’o.e. in tutte le fasi di crescita della N. cataria, con quantità massima nella fase precedente alla fioritura. Al tempo stesso c’è da notare che alcuni studi non hanno rilevato alcun nepetalattone nei distillati esaminati (composti principalmente da 1,8cineolo), il che dimostra la presenza di un secondo chemotipo.
Un aspetto altrettanto importante è che grazie al nepetalattone l’o.e. gode delle sue principali attività farmacologiche: antibatterico, antimicotico, insetticida, antiossidante, antinocicettivi, analgesico, anti-infiammatorio; anche la caratteristica di attrarre i felini e di allontanare gli insetti è dovuta a questa molecola. L’attività spasmolitica e broncodilatatrice, ma in parte anche antinocicettiva e analgesica, coinvolgono l’1,8cineolo e l’α-pinene; sia l’1,8cineolo sia il nepetalattone sembrerebbero coinvolgere alcuni recettori degli oppioidi. Esistono poi dati preclinici che indicano un coinvolgimento nell’attività spasmolitica e miorilassante dei canali del calcio. Pare che anche un triterpene, l’acido nepetalico, abbia un ruolo importante nell’attività per quanto riguarda il sistema nervoso centrale.
È stato pure dimostrato che la N. cataria ha un’attività inibitoria sulla crescita, sulla produzione di enzimi e sull’adesione di alcuni batteri, il che fa sì che sia potenzialmente utilizzabile nell’industria alimentare come conservante: per la prevenzione del deterioramento e per aumentare la durata della conservazione dei prodotti alimentari. Gli effetti antimicrobici sono stati valutati contro le cause più comuni di infezioni di origine alimentare, ottenendo un notevole successo.
Un estratto dietiletere di erba gatta ha dimostrato di avere attività antimicrobica contro funghi e batteri Gram-positivi. Nel lavoro è stata studiata l’attività su 44 ceppi di Staphylococcus aureus, alcuni resistenti alla meticillina, S. aureus 6538P (American Type Culture Collection), così valutando l’effetto delle concentrazioni sub-minime inibitorie su coagulasi, DNAsi, termonucleasi e produzione di lipasi e aderenza in vitro; DNAsi, termonucleasi e lipasi sono stati inibiti da concentrazioni pari a 1/2 e 1/4 della concentrazione minima inibitoria (MIC), ed è stata anche osservata una riduzione dell’aderenza dei batteri.
Nel 2013, alcuni ricercatori dell’università di Shiraz, in Iran, hanno analizzato l’olio essenziale di N. Cataria identificando, ancora una volta, gli isomeri del nepetolattone come principale costituente dell’essenza in tutte le fasi di crescita della pianta (in media l’88% dell’olio essenziale), la quale raggiunge il suo massimo livello nella fase precedente alla fioritura. Questi oli essenziali testati hanno mostrato una rilevante attività antimicrobica, e si è potuto anche constatare la completa inibizione della crescita di alcune specie di Candida. Sulla base di questi risultati, si può dedurre che il distillato dell’erba gatta potrebbe eventualmente essere adoperato come agente antimicrobico nel trattamento e nel controllo di alcuni patogeni orali.
Qualche anno prima, nella stessa università, è stato valutato l’effetto di questo olio essenziale sulle principali cause di infezioni di origine alimentare, tra cui S. aureus, B. cereus, L. monocytogenes, E. coli, Shigella spp. e Salmonella spp, le quali sono state in tal modo inibite. Siccome molti dei funghi filamentosi, in particolare quelli appartenenti alla specie Aspergillus, sono noti per causare il deterioramento degli alimenti e la produzione di micotossine, risulta sintomatico che anche in tale studio ne sia stato notevolmente inibito lo sviluppo.
Un dato estremamente importante è l’assenza di una differenza significativa nelle MIC degli o.e. tra ceppi antibiotico-sensibili e antibiotico-resistenti: questo suggerisce che il meccanismo di azione potrebbe essere diverso da quello degli antibiotici testati. Differenze significative nella MIC sono state invece trovate tra o.e. distillati provenienti da diverse fasi di crescita, in linea con la differente composizione del distillato. Negli ultimi decenni vi è una forte tendenza verso l’utilizzo di prodotti naturali e di sostanze fitochimiche nelle industrie alimentari per superare la resistenza agli antibiotici e aumentare la shelf life dei prodotti; l’olio essenziale di N. cataria potrebbe prestarsi a tale funzione in quanto fonte naturale per il mantenimento o il prolungamento della shelf life dei prodotti alimentari, ma anche perché il suo gusto e odore gradevoli costituiscono un ulteriore vantaggio per la sua attività antimicrobica.
A questo si aggiunge anche l’effetto repellente su molti insetti (ad esempio la mosca domestica) che possiedono i vari componenti dell’o.e., tra cui gli isomeri del nepetalattone in quanto offrono un’apprezzabile protezione; è però da valutare la sicurezza per quanto riguarda le lievi irritazioni cutanee che può causare.
Recentissimi dati sperimentali hanno esaminato la citotossicità e l’attività apoptogenica di estratti metanolo, n-esano, diclorometano, acetato di etile, n-butanolo e estratti acquosi di N. cataria, nonché l’olio essenziale ottenuto dalle parti aeree della pianta. Essi sono stati valutati contro diverse linee cellulari di cancro alla prostata e al seno, ottenendo eccellenti risultati; questo, pertanto, potrebbe essere un trampolino di lancio per nuove sostanze citotossiche con attività anti-tumorale.
Un estratto di erba gatta è stato utilizzato in ratti maschi migliorando leggermente il comportamento sessuale e l’erezione del pene. Questi risultati suggeriscono perciò una possibile relazione tra i sistemi dopaminergici e l’estratto, per cui questa pianta può essere suggerita in trattamenti clinici per la disfunzione erettile. Tuttavia, altri studi devono ancora essere condotti con particolare riguardo agli effetti a lungo termine nel comportamento sessuale, all’identificazione di principi attivi e del meccanismo d’azione.
Tossicità
Preme sottolineare l’importanza che va attribuita alla definizione del livello di sicurezza di questa pianta. Risulta doveroso citare il caso di un bambino che manifestava depressione del sistema nervoso centrale dopo aver consumato una grande quantità di erba gatta: è con attenta esaminazione che il suo ottundimento e conseguente intossicazione sono stati connessi e ricondotti alle proprietà psicoattive della pianta. Le combinazioni olio essenziale-antibiotico e 1,8cineolo-antibiotico hanno prodotto interazioni prevalentemente antagonistiche: l’interazione con gli antibiotici potrebbe dunque annullarne l’efficacia. In effetti, ancora molti risultano essere i fattori da approfondire relativamente alla tossicità della nepeta: alcuni di questi sarebbero i componenti come il β-mircene, gli isomeri del nepetalattone, nonché la probabile presenza di actinidina.
Autore: Fabio Milardo
L’ERBORISTA – N. 4, aprile 2017