Erboristeria Milardo

Bardana

‎Introduzione

I semi di alcune piante vengono dispersi dagli animali, ma quelli della bardana lo fanno in un modo talmente singolare da essere d’ispirazione a una invenzione:‎ ‎hanno dei piccolissimi uncini capaci di agganciarsi alle microscopiche asole che ricoprono il pelo degli animali, riuscendo ad impigliarsi sulla pelliccia dei mammiferi che passano accanto la pianta questi trovano la possibilità di diffondersi anche a lunghe distanze e germinare nelle giuste condizioni. Tutto ebbe inizio quando l’ingegnere svizzero George de Mestral e il suo cane incrociarono la bardana durante una battuta di caccia sulle alpi, dove un piccolo seme ricoperto da centinaia di “uncini” si attaccò probabilmente al pelo del cane, ad un vestito o ai capelli: quel giorno del 1941 ha portato alla luce una scoperta che oggi sembra banale ma evidenzia, oltre al resto, quanto la natura abbia ispirato l’uomo. Attualmente il velcro viene utilizzato in una vasta gamma di settori, dalla sanità, all’uso domestico, agli impieghi militari e persino dalla NASA.

 

Descrizione botanica

Arctium lappa, comunemente chiamata Bardana (sinonimi: Lappa major Gaertner, Arctium majus Bernh. Lappa officinalis Coste, Lappa vulgaris Hill) è una pianta erbacea eretta, biennale, appartenente alla grande famiglia delle Asteraceae. Arctium fu introdotto nella sistematica da Linneo, dal greco arktos vuol dire orso e probabilmente fa riferimento all’aspetta glabro e irsuto della pianta. Il nome della specie invece potrebbe derivare dal celtico: llap in questa lingua vuol dire mano. Infatti, il fiore, come una mano, si attacca a qualunque cosa gli passi vicino. Mentre per altri autori pare derivi dal greco labein (attaccarsi). Ha grandi dimensioni con un’altezza che va da 80 a 200 cm; nel primo anno sviluppa una robusta rosetta basale, nel secondo fiorisce e poi muore. Ha un fusto eretto, robusto, striato, scanalato, ramificato, talvolta arrossato. A corologia di tipo eurasiatico temperato è distribuita in Italia in tutta la penisola, anche se in alcune zone, come in Sicilia, è rara. Il suo habitat naturale è costituito da prati incolti, boschi, come da aree antropizzate. Essendo una specie nitrofila il substrato preferito è calcareo o siliceo a pH neutro mediamente umido.

Le foglie cauline si differiscono da quelle basali, ma generalmente hanno un picciolo solido di 15-36 cm, larghezza di 20 – 70 cm e lunghezza 25 – 80 cm; la lamina è glabra e di colore verde vivo nella parte superiore e biancastre e ragnatelose in quella inferiore. Le prime appaiono sessili e cuoriformi, hanno un margine grossolanamente dentato e ondulato con una disposizione alterna. Le basali sono ovate o cuoriformi, portate da un picciolo solcato, pieno, interamente midollare e non tubuloso. In genere sono ruvide al tatto.

L’infiorescenza è costituita da diversi capolini sferici di 3-4 cm di diametro riuniti in corimbi. La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteracee: il pedicello sorregge un involucro composto da diverse brattee lesiniformi, verdi e sub-glabre disposte su più serie che fanno da protezione al ricettacolo più o meno piano sul quale s’inseriscono i fiori tubulosi. I corimbi non sono rigorosi e sono terminali, portati da un peduncolo lungo almeno 2,5 cm. I fiori, ermafroditi, attinomorfi, tetra-ciclici e pentameri, lunghi da 9 a 15 mm, sono tubulosi, non ligulati come nella maggior parte delle Asteracee. Gli stami e gli stimmi sono glabri ed hanno un ciuffo di peli all’apice dello stilo, l’ovario è infero e uniloculare formato da 2 carpelli. I sepali del calice sono ridotti ad una coroncina di squame, mentre la corolla ha una forma cilindrica terminante con 5 denti; il colore è violetto. L’antesi si estende da luglio a settembre.

Il frutto è un achenio di 6-7 millimetri. Il pappo presenta delle brevi setole. La pianta possiede una grossa radice a fittone carnosa, bruna ma internamente bianca 1, 2.

 

Storia e usi tradizionali

Dioscoride chiama la bardana “arkion”, a volte “prosopis” o “prosopion”, “personata” o “lappa”. La radice, a suo dire, può essere assunta alla dose di 4g insieme con i pinoli per chi soffre di ascessi; per uso esterno le foglie sarebbero utili, anche secondo quanto riferito da Galeno attraverso Matthioli, nelle ulcere vecchie. La radice e il frutto macerati nel vino alleviano il mal di denti, guariscono bruciature e geloni. Il decotto è anche bevuto per la minzione difficile: “la radice … pesta e impiastrata mitiga i dolori de i legamenti delle giunture. … Bevesi la radice nel vino per le sciatiche e per provocare l’orina ritenuta” 3.

La radice di bardana è Calda e Secca nel primo grado, persino Nicholas Culpeper (1616 – 1654, medico, botanico, astrologo britannico) cita Dioscoride e Apuleio: “è utile nei sanguinamenti alla bocca, nel mal di denti, nella leucorrea (probabilmente si riferiva anche ad eccessive mestruazioni), nell’incontinenza e per rafforzare la schiena”; non a caso ha proprietà “disseccative, astersive” in riferimento a seme e foglia 4. Queste ultime sono invece Fredde e Secche nel primo grado e sono diuretiche, sostengono la vescica e i dolori articolari.

In Inghilterra, nel medioevo, era molto conosciuta una bevanda a base di bardana e tarassaco; dal sapore amaro-dolce è fermentata ed analcolica e pare che negli ultimi anni stia tornando in voga. Ha proprietà amare e diuretiche, con un effetto “raffreddante” in accordo con la classificazione farmacologica di Galeno. Che queste due piante si completino molto bene è riferito da più autori ma è Maud Grieve a considerare la bardana la migliore pianta per “purificare il sangue” 4.

Viene definita pianta alterativa, termine che si attiene alla medicina dolce del tempo, dove il rimedio erboristico ha un effetto curativo graduale tale da correggere progressivamente il disturbo che provoca la malattia senza produrre un effetto percepibile nell’immediato, agendo sul modo consueto generale del corpo di funzionare 5. Tale dichiarazione proviene dal periodo vittoriano, probabilmente dalla penna di WJ Simmonite, erborista e astrologo, piuttosto che da Culpeper, poiché egli non usa mai la parola “alterativa”. Tale medicina è altrove descritta come un insieme di erbe che promuovono l’eliminazione di scarti metabolici come l’acido urico (Albert Priest, 1950) 6. Thomas Bartram scrive invece che “le medicine che alterano i processi di nutrizione ripristinano in modo sconosciuto la normale funzione di un organo o di un intero sistema peraltro ristabilizzandone i processi nutritivi”; tale definizione sembra riportarci al “fisiomedicalismo”, corrente del pensiero scientifico della seconda metà del XIX secolo che proponeva la “forza vitale” come vera base della terapeutica 7. Durante il Medioevo la fitoterapia era basata su esperimenti empirici che tuttavia vennero contaminati dall’astrologia o dalla magia conducendo la disciplina ad un notevole scadimento. Questa contaminazione fu ispirata curiosamente dal desiderio di conferire attendibilità alla fitoterapia: l’efficacia di un preparato erboristico non poteva avere un effetto terapeutico in ragione della propria natura, ma grazie a flussi astrologici o sovrannaturali 8. Bartram continua: “le piante medicinali depurano il sangue favorendo la trasformazione delle caratteristiche sia del sangue sia della linfa, così da detossificare e promuovere la rigenerazione del tessuto organico”, è evidente che l’autore sembra riconoscere la natura problematica delle indicazioni della detossificatine dei fluidi corporei in un periodo in cui la dottrina umorale non è attuale, per cui è necessario reinterpretare e contestualizzare il termine detossificare o disintossicare. David Hoffmann afferma che “le piante medicinali ripristinano gradualmente le funzioni dell’organismo ed incrementano complessivamente salute e vitalità, alterando processi metabolici atti a migliorare l’abilità dei tessuti ed a condizionare un range di funzioni corporee, dalla nutrizione all’eliminazione”. Secondo Mills & Bone le erbe che rimuovono l’acido urico vengono considerate separatamente da quelle che possiedono un’azione puramente diuretica anche se sono indicate per le stesse problematiche tra cui disuria e oliguria, infezioni e calcoli, enuresi notturna ed altri disturbi funzionali della minzione, dell’artrite e della pelle. Loro descrivono la bardana come una delle erbe che assunta in infusione riesce ad avere un’azione importante per i calcoli formati da urati 9. Peraltro, un piccolo studio di Hamblin e colleghi pubblicato 2008 rivela che la bardana fa parte di una formula usata nella gestione dell’osteoartrite. Essa pare che promuova il miglioramento o addirittura la guarigione espellendo gli scarti metabolici dalle articolazioni, stimolando il drenaggio della linfa e la rimozione di materiali extracellulari 10. Questo interessante articolo è un ritorno al passato in quanto John Quincy, speziale inglese del XVII secolo, descriveva il medesimo effetto affermando che tutti gli autori del suo tempo considerano i semi di bardana essere estremamente diuretici, efficaci nel “drenare i metaboliti che sono causa dei dolori artritici una volta depositati sulle articolazioni”. Joseph Miller nello stesso periodo usa le radici in decotto per i dolori articolari e la gotta, mentre le foglie bollite nel latte applicate come cataplasma 11. Albert Coffin (1798-1866), apprezzato medico inglese, scrive di un’azione antiscorbutica oltre che alterativa, con lievi effetti aperienti e tonici; i semi bolliti come diuretico e dati in infusione con le foglie di Rubus Ideaus ai bambini dona calma e tranquillizza in ragione della presenza, oltre al resto, anche dell’arctigenina 12. Le foglie per reumatismi e gotta, lebbra (presumibilmente copiata da testi più vecchi, la parola lebbra in greco rappresenta una condizione squamosa della pelle), ostruzioni renali (che può significare oliguria piuttosto che malattia parenchimale), detossificare l’organismo dopo il trattamento con mercurio nelle malattie veneree. Esternamente le foglie venivano applicate a scottature, bruciature e rigonfiamenti da scrofola, uso anche menzionato da Quincy, oppure avvolte intorno ai piedi per ridurre la febbre. Il decotto della radice da un effetto rilassante e demulcente, producendo un lento e mite effetto sui reni, sulla pelle e per l’intestino, specialmente quando vi è irritabilità: William Cook (1832 – 1899, medico eclettico) faceva bollire 60g di radice in 1l d’acqua fino a quando il volume si riduce a 1 litro, da assumere nella dose di 250 ml 3 volte al dì per diverse settimane: sottolinea, come altri autori, quanto sia inutile l’assunzione nel breve periodo. I semi contusi invece, bolliti per lungo tempo, sembrano efficaci per la disuria accompagnata da muco, nell’irritazione della vescica e per la pelle in quanto ripristinano la naturale produzione di sebo, soprattutto nelle eruzioni secche. L’infuso breve dei semi contusi assunto caldo sarebbe invece utile nella febbre tifoidea e per abbattere la nausea che provoca la lobelia 13. Richard Hool (1918), oltre al decotto di bardana simile a quello di Cook, ci lascia una formula per gli eczemi: 30g di radice di bardana e Centaurium erythrea, 15g di Rumex crispus e di Fumaria officinalis, un cucchiaino di Capsicum annuum, decotto in 1,5l di acqua per 10 minuti. Filtrare quando fredda e berne 60 ml 3 volte al giorno. Una seconda formula, sempre per gli eczemi: 30g di Filipendula ulmaria sostituisce la centaurea, 15g di Menyanthes trifoliata sostituisce Rumex crispus, si utilizzano 30g di semi di bardana invece della radice e non si aggiunge il peperoncino 14.

Maud Grieve ci consegna le indicazioni dei suoi antenati Vittoriani ed Edwardiani aggiungendo qualcosa di nuovo. Cita Culpeper sugli effetti della bardana e John Stevens Henslow (1796-1861) sulla miscela di semi di bardana, sassofrasso, bacche di edera, insieme altre piante per il trattamento dei calcoli. Infine, si attinge a John Gerard (1545-1612) per l’uso alimentare: i gambi della pianta vengono raccolti prima della fioritura e privati della parte esterna, mangiati similmente agli asparagi, avrà, sottolinea, un leggero effetto lassativo.

 

Composizione ed azione terapeutica

I principali costituenti biologicamente attivi isolati dalla bardana sono tannini, arctigenina, arctiina, β-eudesmolo, acido caffeico, acido clorogenico, inulina, trachelogenina, sitosterolo-β-D-glucopiranoside, lappaolo e diarctigenina. La bardana mostra effetti antiinfiammatori mediati dall’inibizione dell’ossido nitrico sintasi, della produzione di ossido nitrico (NO), di citochine pro-infiammatorie. Tra i costituenti di semi e foglie di bardana che inibiscono la produzione di NO si evidenzia il lappaolo F, la diarctigenina e l’arctigenina. L’Arctigenina inibisce anche l’espressione del TNF-α e dell’interleuchina IL-6 in vitro 15. In un recente studio sono stati valutati gli effetti gastroprotettivi del frutto: l’arctigenina isolata e purificata dai semi ha inibito le lesioni gastriche in modo dose-dipendente. Pertanto, l’attuale studio conclude che questa sostanza esercita una considerevole attività antiulcera, riducendo il danno ossidativo e infiammatorio. Inoltre, ha anche dimostrato di sopprimere l’intossicazione indotta da CCl4 e paracetamolo nei topi. Lo studio approfondisce sia gli effetti epatoprotettivi, rivelando che sono dovuti principalmente alla diminuzione dello stress ossidativo, sia quelli antinfiammatori che sono conseguenza delle spiccate proprietà antiossidanti 16.

Un altro recente studio riferisce che l’arctigenina mostra effetti antinfiammatori anche regolando le cellule soppressorie di derivazione mieloide in modo tale da modulare la risposta immunitaria e la patogenesi delle malattie infiammatorie 17; inibendo inoltre la fosforilazione della protein-chinasi B diminuisce la sintesi di glucosio causando la morte delle cellule tumorali 18. Sembra avere una azione terapeutica promettente nel trattamento del vasospasmo cerebrale in seguito a emorragia subaracnoidea 19.

Un recentissimo studio preclinico di Hou e colleghi conclude che un estratto acquoso di radice di bardana ha ridotto il peso corporeo e i livelli di colesterolo.20.

Le radici e il frutto della bardana possono avere effetti ipoglicemici in ragione della presenza sia del sitosterolo-β-D-glucopiranoside che inibisce l’alfaglucosidasi 21, sia dell’inulina che mantiene costante il livello di glucosio nel sangue e migliora la tolleranza a livelli elevati di glucosio. Un estratto di foglie di bardana liofilizzato ha mostrato effetti antimicrobici contro i microrganismi orali, tra cui Bacillus subtilis, Candida albicans, Lactobacillus acidophilus e Pseudomonas aeruginosa 22. L’acido clorogenico delle foglie di bardana sembra efficace contro Escherichia coli, Staphylococcus aureus e Micrococcus luteus 23. Le foglie di bardana potrebbero dunque essere utili nel trattamento delle malattie dei denti e delle gengive e dei problemi della pelle. La bardana sembra una pianta sicura; tuttavia, i tannini sono i componenti biologicamente più attivi isolati dalla bardana, ma sono anche collegati a effetti tossici, tra cui disturbi gastrici, nefrotossicità e necrosi epatica.

Rivista: L’Erborista

Mese: Febbraio 2019

A firma: Fabio Milardo

Riferimenti.

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  2. Maria Teresa Della Beffa. Fiori di campo: conoscere, riconoscere e osservare tutte le specie di fiori selvatici. Novara, Istituto geografico De Agostini, 1999.
  3. Mattioli, P.A.. I discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli… ne i sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo Della Materia Medicinale. 1563
  4. Maud Grieve. “A Modern Herbal”, 1931
  5. Nicholas Culpeper. The Simmonite-Culpeper herbal remedies. 1957
  6. David Hoffmann. Herbal Prescriptions after 50: Everything You Need to Know to Maintain Vibrant Health. 2007
  7. Thomas Bartram. Encyclopedia of Herbal Medicine. 1995
  8. Alessandro Bruni. Farmacognosia generale e applicata.1999
  9. Mills, S. and Bone, K. Principles and Practice of Phytotherapy Modern Herbal Medicine. 2000.
  10. Hamblin L, Laird A, Parkes E, Walker AF. Improved arthritic knee health in a pilot RCT of phytotherapy. J R Soc Promot Health. 2008;128:255–62
  11. Joseph Miller. Botanicum officinale, or a compendious herbal. 1722)
  12. Du Y. ed al. Repeated arctigenin treatment produces antidepressant- and anxiolytic-like effects in mice. Brain Res Bull. 2018 Dec 28;146:79-86
  13. William Cook. The physio-medical dispensatory: a treatise on therapeutics, materia medica, and pharmacy, in accordance with the principles of physiological medication. 1869.
  14. Graeme Tobyn, Alison Denham, Midge Whitelegg. The Western Herbal Tradition: 2000 Years of Medicinal Plant Knowledge. 2016
  15. S. Chan, L. N. Cheng, J. H. Wu et al.. A review of the pharmacological effects of Arctium lappa (burdock). Inammopharmacology. 2010
  16. Li, Xiao-Mei et al. Gastroprotective effects of arctigenin of Arctium lappa on a rat model of gastric ulcers. Biomedical reports. vol. 5,5 (2016): 589-594.
  17. Hui Shi et al. Arctigenin Ameliorates Inflammation by Regulating Accumulation and Functional Activity of MDSCs in Endotoxin Shock. Inflammation. 2018
  18. Awale S1 et al. Identification of arctigenin as an antitumor agent having the ability to eliminate the tolerance of cancer cells to nutrient starvation. Cancer Res. 2006 Feb 1;66(3):1751-7
  19. Chang, Chih-Zen et al. Arctigenin, a Potent Ingredient of Arctium lappa L., Induces Endothelial Nitric Oxide Synthase and Attenuates Subarachnoid Hemorrhage-Induced Vasospasm through PI3K/Akt Pathway in a Rat Model. BioMed research international. 2015.
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  23. Lin, X. C., Liu, C. Y., Chen, K. S., et al. Extraction and content comparison of chlorogenic acid in Arctium lappa L. leaves collected from different terrain and its restraning bacteria test, Prod. Res. & Dev. 2004, 16, 328-330.