Introduzione
Se per un attimo si potesse entrare nel magazzino della farmacia reale di Spagna a Madrid alla fine del XVIII secolo, si sarebbe potuta vedere una delle collezioni più ricche e complete al mondo di piante medicinali appartenenti ai possedimenti americani della corona, piante che erano conosciute e trafficate in tutto il mondo in quel periodo. La farmacia reale di Madrid, fondata nel XVI secolo per provvedere alla salute del monarca, della sua famiglia e della sua corte, aveva certamente un accesso privilegiato alle piante medicinali. Tra le piante più abbondanti c’erano guaiaco e zarzaparilla (salsapariglia), quest’ultima proveniente dell’Honduras e della Giamaica i quali rappresentavano i luoghi delle migliori varietà per gli usi medicinali. La Giamaica ancora oggi è una delle principali esportatrici di Smilax aspera, peraltro di buona qualità.
Fu portata in Europa nel 1550; tra il 1717 e il 1738 le importazioni medie annuali della Spagna comprendevano 5,6 tonnellate di salsapariglia; nel 1802, la Nuova Spagna esportava tredici volte più salsapariglia: circa 21 tonnellate.
Il nome comune è composto da due parole indiane: zarza che significa rovo e parilla, piccola vite. 1
Descrizione
La salsapariglia (Smilax aspera L.) è una pianta rampicante perenne sempreverde della famiglia delle Liliaceae e tipica del bacino del Mediterraneo. La pianta possiede un rigoroso un rizoma, forma molti rami estesi lunghi fino a 15 m e numerose foglie che crescono e si arrampicano attorno ad arbusti e alberi, sui muri. I fusti sono legnosi con abbondanti spine.
Le foglie, lucide, generalmente a forma di cuore, sono alterne con picciolo di 2-3 cm che presenta alla base 2 viticci; la lamina è cordata o astata, coriacea, a volte con spine traslucide lungo il margine e le nervature di colore verde-lucido. I fiori sono piccoli, dioici, bianco-verdi, sono disposti in grappoli ramificati, producendo frutti a forma di succose bacche sferiche od ovoidi (7-9 mm di diametro) che inizialmente sono verdi, poi diventano rosso lucido con la maturazione, a volte nero quando sono completamente maturi. La radice è composta da un ceppo legnoso, duro, simile a quello degli asparagi o del rusco, più o meno grosso; da esso nascono molte radichette lunghe fino un metro, grosse come una penna da scrivere, flessibili, cilindriche, le quali serpeggiano appena sotto la superficie del terreno. Cresce tra 0 e 1200 metri s.l.m. nella macchia mediterranea, nei boschi di leccio e misti; fiorisce tra settembre e novembre
Usi tradizionali
La smilax aspera coincide per Matthioli e altri autori alla salsapariglia; egli scrive: “le virtù sono di scaldare, d’assottigliare, e di provocare il sudore, e vale in spetialità non solamente per curare il mal francese ma a tutti i dolori delle giunture e a tutte le infettioni cutanee del corpo e ulcere maligne e difficili. … e pare habbi una speciale e propria virtù a tutti i morbi frigidi del capo e del cervello.” La ricetta del tempo consiste nel far bollire circa 115g in quasi 7 l di acqua, facendo macerare prima per un giorno, finché si consumi la metà dell’acqua (o anche più, se si vuole ottenere un effetto vigoroso); si assumeva nella dose di una tazza (225 g circa) ben calda la mattina e la sera a digiuno, “quattro ore avanti mangiare”, per 40 giorni. Questa è la preparazione per esplicare l’effetto sudorifero; “… Sana parimente le scrofole (infezione dei linfonodi del collo), fatta in polvere e mescolata con altrettanta radice di rusco e dandone ogni giorno una dramma con buon vino bianco dolce, la mattina quattr’ora avanti mangiare per quaranta giorni continui.”
John Gerard nel suo monumentale “The Herball” (1597) ribadisce, insieme ad altri autori, che la pianta raccolta in posti caldi è più potente e ha un odore più forte; “giova al dolore delle articolazioni e della testa, e ai dolori freddi. … alle malattie in cui c’è speranza curare con il sudore.” Friedrich Hoffmann (1660–1742) adopera similmente il decotto per purificare l’organismo attraverso il sudore.
Parkinson riporta che riduce il calore e l’arrossamento oculare. La radice, scrive, non purga gli Umori come fanno altre piante, essendo generalmente “tenuto a non riscaldare ma a asciugare gli Umori”. È utile a tutte quelle malattie caratterizzate da un “flusso freddo della testa e del cervello, rheuma e catarrho… a tutti i dolori freddi dello stomaco, ai dolori alle articolazioni, tutte le ferite nelle gambe, tutti i gonfiori flemmatici… non è conveniente da dare a coloro il cui fegato è troppo caldo né a coloro che hanno la febbre.”
La salsapariglia non era l’unica droga sudorifera, tra le più potenti si annoveravano il guaiaco e la china; era considerata da alcuni autori più potente, da altri meno potente di quest’ultima, probabilmente dipendeva dal modo di preparazione e dal luogo di raccolta. A tal proposito, Fallopio si servì della Smilax aspera raccolta in Italia per la cura contro il Mal Gallico (la sifilide). In una Nosografia fiorentina viene citata per la cura dello scorbuto, della gonorrea, dell’astrodinia e della rogna.
Si associava al mercurio per la cura della sifilide e si usava per trattare soggetti affetti da gotta fino alla fine del XVIII Sec, nella dose di 15g al giorno secondo il “Nuovo formulario magistrale” di G. Pedone Lauriel. Guaiaco, salsapariglia, sassafrasso, liquirizia e china si trovano spesso insieme nelle tisane composte sudorifere, antisifilitiche, antireumatiche.
Un articolo del 1906 pubblicato nel ”The British Medical Journal” testimonia 10 casi clinici di cachessia sifilitica trattati con successo in un ospedale di Leeds con uno sciroppo di salsapariglia. Le osservazioni si riferiscono all’effetto della salsapariglia sul peso corporeo dei soggetti sifilitici che erano molto magri.
Il dottor Galileo Palotta, scopritore dello sciroppo di Pariglina, fu il primo nel 1824 ad analizzare la salsapariglia e diede prova dell’esistenza di alcali che chiamò pariglina; fu chiamata smilacina da Folchi e salsaparina da Thuboeuf, Canobio e Poggiole, chimici e ricercatori del tempo. Si tratta di sostanze che non godevano, per ovvie ragioni, di un metodo di estrazione standard: questa avveniva con una lunga macerazione e bollitura della parte interna della radice, poi trattata con carbone animale. Alcuni autori affermano che smilacina, acido parillinico e salsaparina sono identiche alla parillina che estrasse Palotta, ma ottenute con metodi differenti e che le proprietà di queste quattro sostanze sono le stesse. 2
In Sardegna le parti aeree sono stata utilizzate sotto forma di cataplasma nel trattamento dei reumatismi, di problemi cutanei ed emorroidi; in decotto come sudorifero e per purificare il sangue; il succo spremuto fresco nel mal di denti.
Nel monumentale “The Dispensatory of the United States of America” (1858) la salsapariglia viene minuziosamente analizzata insieme ai dati storici e clinici del tempo: a conclusione di ciò viene considerata una droga “alterativa”, ovvero capace soltanto di modificare la condizione morbosa senza una importante ed evidente influenza che potesse condurre il paziente ad una guarigione definitiva, soprattutto nei sifilitici.
La salsapariglia è rimasta popolare in alcuni luoghi dimostrando così come i rimedi persistessero nel corso dei secoli nonostante la loro incapacità di guarire totalmente una situazione patologica, come ad esempio la sifilide.
L’efficacia, sebbene gradualmente, stava diventando parte dell’aspettativa culturale della sofferenza alla fine del diciottesimo secolo, in concomitanza con l’ascesa della moderna farmacologia sperimentale e l’idea che un medicinale dovesse essere messo sotto processo per dimostrare la sua capacità di produrre il risultato promesso. Tuttavia, come ha affermato solo di recente Harold Cook (professore di storia alla Brown University, direttore del Wellcome Trust Center for History of Medicine of University College) l’opinione che il trattamento farmacologico prima del 1800 “causasse più danni che benefici” ha un disperato bisogno di revisione.
L’uso in decotto continua ancora oggi nel trattamento dell’iperuricemia, della gotta, dei reumatismi, di alcune condizioni dermatosiche e nefritiche, grazie alle proprietà drenanti linfatiche, come riferito anche nei testi di Jean Valnet, pioniere della fitoterapia in Francia e nel mondo nella seconda metà del ‘900.
Composizione e usi medicinali
La fitochimica del genere Smilax è caratterizzata da un’abbondanza di saponine steroidee, una classe di metaboliti secondari vegetali ritenuti responsabili dell’attività biologica proposta per molte piante medicinali. La complessa tassonomia del genere Smilax rende difficile commentarne la chemiotassonomia. Un importante studio è stato dedicato all’isolamento e all’osservazione della struttura di due nuove saponine furostanoliche, sarsaparilloside B e sarsaparilloside C, e alla caratterizzazione del sarsaparilloside, del D20(22)-sarsaparilloside e della parillina.
Le saponine steroidee mostrano una serie di bioattività comprese proprietà citotossiche, emolitiche, antinfiammatorie, antileprosiche, antimicotiche e antibatteriche. L’attività citotossica di diverse saponine è stata studiata e i risultati sono contrastanti. Il sarsaparilloside C e il sarsaparilloside hanno inibito selettivamente la proliferazione di linee cellulari di tumore al colon, mentre D20(22)-sarsaparilloside sembra generalmente più attivo e meno selettivo. È interessante notare che la linea di tumore cellulare al colon non è particolarmente sensibile ad altre classi di saponine. La variazione della selettività per diversi tipi di tumore suggerisce un meccanismo più specifico della lisi della membrana cellulare. Molti studi hanno dimostrato che le saponine inducono l’apoptosi nelle cellule tumorali attraverso una varietà di percorsi ma sono stati identificati pochi ligandi specifici. L’attività antiproliferativa delle saponine isolate in questo studio è stata confrontata con sei linee cellulari di cancro umano derivate da diversi tipi di tumore, con il sarsaparilloside C che mostra una particolare attività contro linee cellulari di cancro al colon. La particolarità di questa sostanza è una struttura più idrofobica delle altre analizzate, per cui tale attività inibitoria potrebbe fornire importanti opportunità per esaminare i determinanti sia della potenza della saponina che della selettività.3
Anche secondo uno studio recente la salsapariglia possiede un potenziale antiproliferativo su cellule umane di osteosarcoma particolarmente rilevante, prodotto da effetti citostatici. Tale effetto tuttavia non è culminato in evento apoptotico per cui, precisa il suddetto studio, che determinati componenti dell’estratto di salsapariglia possono essere considerati citostatici ma non citotossici, non avendo indotto la morte cellulare per apoptosi.
Il profilo fitochimico della salsapariglia ha mostrato anche elevate quantità di acido shikimico e acido chinico, insieme all’acido caffeico. Saponine steroidee e antociani isolati da questa pianta potrebbero invece avere attività citotossica contro linee cellulari di carcinoma polmonare umano.4
Le saponine di diverse specie di Smilax sembrano avere attività antifungine. Contro i ceppi di Candida albicans, C. glabrata e C. tropicalis le saponine aventi uno scheletro di furostano sono prive di attività. Per quanto riguarda le saponine spirostanoliche solo la curillina G, con due zuccheri nella catena osidica, ha mostrato un’attività antifungina. Sautour e colleghi hanno già dimostrato che le saponine spirostanoliche aventi tre zuccheri nella catena osidica posseggono attività antifungine. La differenza con le altre saponine aventi tre zuccheri è la presenza di un’unità ramnosio. In effetti, alcune saponine godono di una frazione trisacarridica a catena ramificata mentre in altre la catena osidica è lineare. Si ritiene che la modalità d’azione primaria delle saponine sia l’interazione con gli steroli della membrana plasmatica e la presenza di una frazione trisaccaridica a catena lineare in posizione C-3 sembrerebbe ridurre l’attività antifungina. 5
In alcune varietà di Smilax il flavonoide astilbina è il principale componente attivo estratto dal rizoma: questa sostanza probabilmente allevia le lesioni cutanee psoriasiche inibendo l’infiammazione. L’astilbina rappresenta un interessante candidato per l’immunoregolazione della psoriasi e di altre dermatosi. 6, 7
Sia la neotigogenina glicoside che la sarsasapogenina glicoside sono stati identificati nel rizoma di S. officinalis, nella S. aspera var. mauritanica solo la sarsasapogenina. I glicosidi della smilagenina sono stati isolati invece dalle radici di S. medica. 8
Sono stati isolati anche sei nuovi composti fenolici, denominati smiglabrone A, smiglabrone B, smilacromanone, smiglastilbene, smiglattone, smiglabrolo, insieme ad altri cinquantasette noti dai rizomi di Smilax glabra. Tra questi, smilgabrone A ha mostrato attività antimicrobica contro Candida albicans. Smilacromanone e smiglastilbene hanno mostrato attività inibitoria contro Staphylococcus aureus.
La salsapariglia dunque inibisce la crescita di diverse linee di cellule tumorali in vitro e in vivo con scarsa tossicità sulle cellule normali, possiede un’attività antimicrobica e antinfiammatoria; tuttavia, il meccanismo alla base della sua funzione rimane da approfondire. 9, 10
I carotenoidi delle bacche.
Nel 2012 per la prima volta è stato analizzato a fondo il profilo fitochimico della polpa delle bacche. Recentemente gli antociani, noti composti fenolici con proprietà salutistiche, sono stati analizzati e caratterizzati come i principali pigmenti delle bacche di salsapariglia nera. Diversi studi hanno dimostrato che i carotenoidi sono coinvolti anche nel colore delle bacche mature, soprattutto quelli rossi.
I carotenoidi sono un gruppo importante di pigmenti naturali responsabili della colorazione della maggior parte della frutta e della verdura e si trovano in quasi tutte le parti delle piante: frutti, fiori, radici, foglie e semi. La relazione tra l’assunzione di carotenoidi e le loro proprietà benefiche per la salute è stata ampiamente studiata; questi mostrano importanti attività biologiche: antiossidante, importante inibizione della cancerogenesi, potenziamento della risposta immunitaria, protezione cellulare contro le specie reattive dell’ossigeno (ROS) e dei radicali liberi, riduzione del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e degenerative. Inoltre, alcuni carotenoidi (β-carotene, α-carotene, β-criptoxantina, ecc.) hanno attività di provitamina A.
Le bacche di salsapariglia possono essere considerate una buona fonte di provitamina A, con valori simili o addirittura superiori ad alcuni frutti amazzonici recentemente studiati. Altri carotenoidi sembrano essere meno potenti, come la licofilla (carotenoide presente in Solanum dulcamara L.), zeaxantina, luteina e anteraxantina.
In sintesi, il singolare profilo dei carotenoidi presenti nelle bacche, alcuni dei quali con attività di provitamina A, insieme al contenuto relativamente elevato rende opportuno considerare le bacche di salsapariglia una potenziale fonte naturale di carotenoidi per l’industria alimentare, dei mangimi e farmaceutica. 11
Tossicità e sicurezza
Poco si conosce della sicurezza e della tossicità del genere smilax ma sembra una pianta abbastanza sicura. Dai risultati di uno studio non è stata registrata alcuna mortalità, anche ai dosaggi più alti, ovvero 5,0 g / kg di peso corporeo, il che dimostra che il rizoma di Smilax glabra non ha effetti tossici significativi nei topi. 12
Sono possibili interazioni farmacologiche (con bismite, digitale, glicosidi e ipnotici). Il sovradosaggio potrebbe portare a intossicazioni, shock, peggioramento della diuresi, irritazione gastrica. La Commissione E ci ricorda di un altro problema: le saponine possono aumentare la disponibilità di farmaci somministrati contemporaneamente accelerando l’eliminazione di altri farmaci (come gli ipnotici). 13
Rivista: L’Erborista
Mese: ottobre 2020
A firma: Fabio Milardo
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