Introduzione
Il mirto ha nomi affini nella maggior parte delle lingue Europee ed anche in alcune lingue non europee: myrtle inglese, Myrte tedesco, mürt in estone, Mirto in spagnolo e italiano, etc.. Tutti questi nomi si riferiscono alla parola greca antica “myrtos” [μύρτος] o myrsine [μυρσίνη] e derivano dal latino myrtus che proviene a sua volta dal Greco myron [μύρον] (balsamo, crisma, unguento profumato), il quale condivide la stessa radice semitica di mirra (resina marrone-rossastra, derivante dalla Commiphora mirrha L.). Anche altre piante aromatiche hanno nomi simili: Myristica fragrans L. (noce moscata), Myrrhis odorata L. (finocchiella) o Myrica gale L..
Descrizione botanica
Myrtus è un piccolo genere appartenente alla Famiglia Myrtaceae, la quale comprende circa 100 generi e 3000 specie che crescono in un clima temperato, tropicale e subtropicale. M. communis è l’unica specie originaria dell’Europa: quindi è diffusa in tutta la regione mediterranea e in Medio Oriente sia allo stato selvatico sia a quello coltivato. È un arbusto sempreverde alto da 1 a 5 metri; si può trovare al livello del mare fino a un’altitudine di 1000m.
Le foglie, semplici e persistenti, sono opposte, di 2-5 cm di lunghezza con lamina ovato-lanceolata;inoltre, sono caratterizzate da un aspetto coriaceo, glabro, con l’apice pronunciato e acuto e il margine intero o leggermente revoluto. Per la presenza di numerose formazioni ghiandolari, le foglie presentano una particolare nota aromatica quando contuse. I fiori bianchi, stellati, che hanno cinque petali e cinque sepali, sono caratterizzati da sfumature giallastre (dovute alla presenza di numerosi stami) ed hanno un diametro di 2-3 cm. La fioritura avviene da giugno a luglio, a volte fino ad agosto.
Il frutto è una bacca sub-globosa ellittica o tondeggiante di 0,5-1 cm di diametro, di colore blu-nera (più raramente giallo-bianca o rosso-violacea) a maturazione: essa si sviluppa intorno al mese di novembre. Nella parte apicale è caratterizzato da una piccola corona che è originaria dei residui del calice.
L’impollinazione è principalmente entomofila. I frutti maturi possono rimanere sulle piante fino a metà febbraio ed i dispersori principali sono gli uccelli, ma anche i mammiferi carnivori (come volpi, martens e donnole); questi consumano i frutti disperdendo i semi intatti, cosicché le piogge invernali favoriscono la germinazione. Queste caratteristiche sono considerate vantaggiose per massimizzare la riproduzione negli ambienti mediterranei.
Storia e usi tradizionali
Nella mitologia antica, il mirto era sacro per Afrodite (dea greca dell’amore, del sesso e della bellezza) e divenne quindi la pianta dell’amore. Con foglie sempreverdi, eleganti fiori bianchi e un piacevole profumo, simboleggia anche la bellezza e la giovinezza. Ne “Le rane” di Artistofane, il mirto viene elencato come la terza pianta preferita da Dionisio, il dio del vino. La storia racconta che quando Dionisio scese nell’ade per liberare la madre Semele, lasciò in cambio ad Hades, il dio degli inferi, una pianta di mirto: questo racconto costituisce un supporto alla doppia valenza del mirto: esso è connesso sia all’amore sia alla morte. Aristofane (Drammaturgo greco, circa 450 a 380 a.C.) usa la parola “mirto” addirittura come un eufemismo per indicare i genitali femminili.
Il mirto non solo è caratterizzato dalla mitologia, dai riti e dalle cerimonie della storia antica, ma è anche una importante pianta della vita quotidiana del popolo; troviamo il mirto anche in uno dei testi più antichi trovati sulla terra: “L’epopea di Gilgameš”, circa 4500 anni fa: “… nelle loro ciotole ho versato canne, cedro e mirto.” (Tavola XI, “La storia dell’inondazione”). Teofrasto ci ha lasciato una preziosa e singolare descrizione dei boschi del Lazio del IV secolo a.C.:”La terra dei Latini è tutta umida. Le pianure producono allori, mirti e meravigliosi faggi … “. Inoltre, ad Atene le bacche erano consumate come dessert. Vi sono ampi riferimenti al mirto in antichi testi medici egiziani come rimedio per disturbi urinari, per i dolori, per i bruciori di stomaco e il gonfiore addominale, oltre che per la rigidità articolare e la tosse. Nella medicina copta, l’olio essenziale di mirto era usato in una prescrizione con ruta fresca e un minerale per una serie di disturbi della pelle. Sorano di Efeso (un medico greco, I e II secolo d.C.) cita il mirto come contraccettivo e raccomanda di cospargere la cervice con una pasta di olio di mirto con il bianco di piombo per bloccare il passaggio dello sperma. Era conosciuto come un agente anti infertilità e fu incluso anche in alcuni contraccettivi orali suggeriti da Sorano: “Mirto, semi di violacciocca, lupini amari in quantità uguali; miscelare con acqua ed ingoiare in pillole dalla dimensione di un fagiolo”. Galeno di Pergamo (medico romano e filosofo di origine greca, 129-200 d.C.) utilizza una polvere (chiamata “Flauius powder”) per la dissenteria, composta da molte erbe tra cui mirto, rose, bacche di ginepro, malabatro, con vino diluito. L’utilizzo della pianta era talmente diffuso che in alcune preparazioni antiche il vino di mirto veniva utilizzato come veicolo. Per esempio Andromaco, medico di Nerone, impiegava un enema contenente minerali (calce, realgar, ecc.), con uve acide e cenere di papiro, in vino di mirto. Dioscoride fa una distinzione tra il consueto frutto nero e il meno efficace bianco. Lo prescriveva, vantando le proprietà astringenti, per curare le “lamentele respiratorie”, per problemi mestruali, per i morsi di ragni velenosi e scorpioni e molto altro, compreso il succo delle bacche cotte mescolate con vino per infiammazioni intestinali. Ha anche delineato la preparazione dell’olio di mirto, specificando che le foglie erano immerse in olio d’oliva in modo che queste ultime assorbissero l’olio essenziale di cui è ricca la foglia. Lo stesso riferisce che la decozione dei semi è utile per rendere più scuri i capelli, cotti nel vino invece come linimento per la pelle, persino nelle ulcere (nelle ulcere “umide” sono migliori le frondi peste con acqua). Sia il frutto che le foglie hanno proprietà “costrittive”, sia esternamente che internamente; sono dunque utili in tutti i “flussi”, ai “flussi dissenterici”, al “superfluo mestruo delle donne”, ai “flussi stomachali”. Galeno, ne “La Facultà de seplici”, scrisse: “è pianta composta di diverse sustanze: ma vince però in lei la qualità frigida, terrestre. Ha anchora del sottile, del caldo: imperò disecca valorosamente.“
Composizione e usi medicinali
L’olio essenziale, estratto da foglie, rami, frutti o fiori attraverso la distillazione in corrente vapore, è giallo o giallo verde, caratterizzato da un odore rinfrescante. La sua composizione è alquanto variabile a seconda della regione geografica, della produzione, della stagione del raccolto e della durata della distillazione. L’olio essenziale dei rametti sembrerebbe formato principalmente da p-cimene (17,7%), 1,8-cineolo (13,5%), α -pinene (10,8%) e limonene (10,7%). L’olio essenziale delle foglie appartiene a due chemiotipi: uno a 1,8-cineolo e il secondo ad α-pinene.
Nella maggior parte delle regioni, i composti terpenoidi (1,8- cineolo, α-pinene, acetato di mirtenile, limonene, linalolo, α-terpinolene) sono i principali componenti presenti nell’olio essenziale ottenuto dalle foglie. Le foglie contengono anche tannini, flavonoidi come quercetina e catechina nonchè derivati della miricetina e delle cumarine, mirtocommulone A e B, semimirtocommulone , ellagitannini, acidi caffeici, gallici ed ellagici. La composizione polifenolica delle bacche è caratterizzata da alte concentrazioni di flavonol glicosidi, flavonoli e flavanoli. I principali acidi grassi riportati sono l’acido linoleico, palmitico, insieme ad altri acidi oleici e stearici. Le bacche contengono anche tannini, resine, acido citrico, malico e caffeico, antocianine, arabinosidi, glucosidi antocianici, kaempferolo, quercetina; sono ricche di minerali tra cui Ca, K, Mg e Na.
La composizione degli oli essenziali dei frutti di quattro genotipi selezionati di Myrtus communis L. della Turchia, sono caratterizzati principalmente da 1,8-cineolo (29,20-31,40%), linalolo (15,67-19,13%), α-terpineolo (8,40-18,43%), α-pinene (6,04-20,71%) e geranil acetato (3,98-7,54%). Gli oli sono stati caratterizzati da elevate quantità di monoterpeni ossigenati, le quali rappresentano il 73,02-83,83% delle composizioni totali di olio essenziale1. Al momento, soltanto alcuni degli usi tradizionali trovano un riscontro nella moderna ricerca scientifica. Le sue proprietà astringenti ed antinfiammatorie, ad esempio, erano già testimoniate da Galeno. Un estratto etanolico si è rivelato utile nel trattamento delle lesioni da acne2. Sia gli estratti acquosi che etanolici delle parti aeree hanno mostrato un’attività antinocicettiva significativa: Hosseinzadeh et al. sostengono l’ipotesi per cui l’effetto periferico dell’estratto non è mediato dai recettori oppioidi, essi suggeriscono altri meccanismi d’azione come l’inibizione della cicloossigenasi o l’inibizione del rilascio di prostaglandine3. In uno studio, l’estratto metanolico di M. communis ha inibito la crescita di tutti i batteri analizzati (sei Gram-positivi: Staphylococcus aureus, Micrococcus luteus, Streptococcus pneumoniae, Streptococcus pyogenes, Streptococcus agalactiae, Listeria monocytogenes; quattro Gram-negativi: E. coli, Proteus vulgaris, Pseudomonas aeruginosa e Campylobacter jejuni) eccetto C. jejuni4. Alcuni studi concludono che l’olio essenziale di M. communis potrebbe essere utilizzato anche come trattamento nell’infezione da herpes simplex7. Un altro studio importante, di Appendino et al., riflette la forte attività antibatterica del mirto grazie allo studio della frazione glicosidica polare ottenuta dalle foglie di mirto: l’effetto antibatterico sembra essere dovuto alla presenza del gallomirtocommulone, il quale sembra essere il più attivo tra i componenti. Inoltre, una caratteristica importante dell’olio essenziale di mirto consiste nella natura idrofobica dei suoi componenti, i quali potrebbero attraversare la membrana cellulare batterica ostacolandone l’attività5. L’olio essenziale sembra essere efficace anche contro Pseudomonas aeruginosa rispetto ad altri oli essenziali: in questo lavoro la quantità di α-pinene è proporzionale all’effetto antibatterico e l’olio essenziale con la maggior quantità di tale composto è quello del mirto6.
L’effetto sull’ulcera peptica valutato oggi si sovrappone a quello descritto da Galeno e da Dioscoride su “i flussi stomachali” e alla notevole astringenza caratteristica della pianta. Premesso che l’influenza dell’Helicobacter pylori svolge un ruolo cruciale nella patogenesi della gastrite e dell’ulcera peptica, i farmaci impiegati solitamente si trovano a dover fare i conti con il problema dell’antibiotico-resistenza. Le piante medicinali tradizionali come M. communis sono comunemente utilizzate per trattare i disturbi gastrointestinali e sono stati condotti diversi studi per determinarne l’effetto protettivo contro l’ulcera gastrica9 e l’Helicobacter pylori8.
Per esaminare gli effetti protettivi delle bacche secche di M. communis sull’ulcera gastrica, gli estratti sono stati somministrati per via orale agli animali prima dell’esposizione agli agenti ulcerogeni. La somministrazione orale ha ridotto significativamente l’ulcer index in tutti i modelli di ulcere. La bassa dose di estratto acquoso e l’elevata dose di estratto metanolico hanno mostrato effetti più significativi rispetto all’omeprazolo nel modello di ulcera indotta dall’etanolo. Entrambi gli estratti hanno ridotto il volume del succo gastrico e l’acidità totale, aumentando il pH gastrico e il contenuto di muco gastrico in tutti i modelli di ulcere utilizzate nello studio9. I risultati di questi studi danno rilievo agli effetti antiinfiammatori e citoprotettivi dell’estratto, i quali potrebbero valorizzare l’uso tradizionale in questi disturbi gastrointestinali, in particolare quelli associati a H. pylori.
Dunque persiste nel tempo l’uso del mirto nella medicina popolare per trattare le ulcere.
In un trial clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato, l’estratto ha determinato la riduzione statisticamente significativa della dimensione dell’ulcera e la gravità del dolore, l’eritema e il livello di essudato. Il meccanismo d’azione potrebbe essere dovuto all’effetto antibatterico del mirto o alla sua attività di scavenging dei radicali liberi14. In un altro studio clinico randomizzato in doppio cieco, è stato valutato l’effetto dell’olio essenziale delle foglie veicolato attraverso una pasta muco-adesiva: il lavoro conclude che la formulazione è adatta per il trattamento della stomatite aftosa ricorrente15.
Un recentissimo studio, condotto in Iran, rivela che l’aggiunta di un estratto di M. communis ad un antibiotico (il metronidazolo) aumenta l’efficacia del trattamento nella vaginosi batterica16.
Tossicità e sicurezza
Non sono riportati rischi per la salute o effetti collaterali a seguito della corretta somministrazione nei dosaggi terapeutici indicati. Tuttavia, in casi rari, la somministrazione di olio essenziale di mirto può portare a nausea, vomito e diarrea. A causa della possibilità di innescare lo spasmo glottale, l’asma o persino l’insufficienza respiratoria, i preparati contenenti olio essenziale di mirto non devono essere applicati ai neonati o ai bambini piccoli7,18; negli adulti invece può essere impiegato con sicurezza nel trattamento dell’asma e nel catarro bronchiale. I sovradosaggi (più di 10 g) possono causare avvelenamento a causa dell’elevata quantità di 1,8 cineolo: i sintomi includono la caduta della pressione sanguigna, disturbi circolatori, insufficienza respiratoria. Nelle persone che ricevono dosi terapeutiche di questo olio essenziale (1-2mL / die), è improbabile che si verifichino effetti avversi sul fegato7.
“L’erborista” n° 9 – Novembre 2017
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